Buggerru: tra miniere e mare | Mediterranews

2022-08-27 02:24:21 By : Ms. Ann Yang

Attualmente, l’abitato di Buggerru conta più di 1.000 abitanti, un buon numero considerando lo spopolamento dei borghi in Sardegna. Il numero balza ancor più all’occhio se si considera che questo paesino, di fronte al mare dell’iglesiente, è nato solo nel 1864 in collegamento con l’attività mineraria.

Oggi Buggerru vive di turismo, ma la sua origine è legata alle vicende minerarie del Sud Sardegna tra ‘800 e ‘900.

Buggerru è un piccolo paesino affacciato sul mare non lontano da Iglesias, sulla costa sud-ovest della Sardegna. Partendo da Iglesias, è raggiungibile seguendo lo stesso percorso che guida fino a Porto Flavia: prima si segue fuori dalla città la SS126, poi si prende la svolta proprio per Nebida/Buggerru, immettendosi sulla SP83 che, passate Nebida, Masua e Acquaresi, condurrà al paesino sul mare. Il tragitto è lungo 35 chilometri, per circa un’ora di viaggio in macchina fatto di saliscendi e curve tortuose.

Buggerru è anche servito dalla linea 804 dell’ARST, che parte in genere da Piazza Mercato a Iglesias (e che ferma sia all’andata che al ritorno presso la stazione dei treni). Per informazioni aggiornate sugli orari e il percorso è consigliato chiamare il numero verde ARST.

Buggerru oggi è un centro turistico che si divide tra il racconto del suo passato minerario e le sue belle spiagge. Chi vi fa visita potrà visitare le gallerie Henry, che offrono varie viste mozzafiato a picco sul mare, nonché il Museo del Minatore, vicino al porticciolo, e le varie laverie.

Tra le belle spiagge della zona si segnalano Cala Domestica e la vicina Portixeddu.

Buggerru ha visto la luce nel 1864 come insediamento legato all’attività mineraria della zona, per mano della Société anonyme des mines de Malfidano. Nel 1879 arrivarono l’ufficio postale e la scuola, nel 1882 la chiesa (in stile neoclassico, dedicata a San Giovanni Battista) e nel 1886 il telegrafo, mentre la corrente elettrica fece la comparsa nel 1896.

Nel 1877 gli abitanti erano già 2.000, mentre a fine ‘800 erano arrivati a 6.000: uno sviluppo vertiginoso. Presto Buggerru prese quindi il nome di “Petit Paris”, dovuto all’illuminazione elettrica ma anche al vibrante contesto socio-culturale che gli imprenditori francesi avevano saputo creare nel corso degli anni.

Il paesino arrivò ad ospitare varie sale da ballo, un cinema-teatro (il Perrier, nato negli anni ’20 del 1900, che ebbe scarso successo) e una banda musicale che si esibiva in occasione delle feste. A Buggerru fu anche immatricolata la prima automobile della provincia di Cagliari, forse la prima della storia della Sardegna.

A inizio ‘900 la popolazione raggiunse il suo picco: 8000 abitanti, tra cui 3000 minatori e 500 tra donne e bambini dediti alla cernita del materiale estratto. Si trattava del quinto centro dell’isola (Cagliari arrivava a soli 50.000 abitanti).

Non è tutto oro ciò che luccica: la storia finora raccontata può aver dato l’idea di un contesto felice e idillico, ma le cose non stavano decisamente così. La bella vita e lo svago erano limitati ai padroni delle miniere, mentre per i lavoratori la vita dava poche soddisfazioni.

Ai sardi che già vivevano nell’iglesiente erano affidati i lavori più umili e gravosi. Le paghe da fame servivano a mala pena a pagare il cibo venduto nei negozi, che appartenevano ai padroni (che quindi si re-impossessavano dei soldi), e le abitazioni erano scavate nella roccia o allestite con materiali di fortuna.

Queste condizioni disumane, contrapposte all’opulenza della vita nel centro abitato costituito dai francesi, rappresentavano una miscela esplosiva. La scintilla che fece deflagrare la situazione fu una riduzione di un’ora dell’orario di riposo, decisa dal direttore degli scavi il 2 settembre 1904. Date le condizioni, e il clima ancora estivo, i lavoratori si rifiutarono di lavorare, per poi riunirsi e discutere in paese e nei pressi della direzione.

Il direttore prese tempo, il tempo necessario a far arrivare i soldati dal 42° reggimento di fanteria dell’esercito. Il 4 settembre, a seguito di una protesta degli operai nei loro confronti, i soldati aprirono il fuoco sulla folla freddando tre persone. L’evento ebbe eco nazionale, e ad esso fece seguito il primo sciopero generale della storia d’Italia.

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